Breve storia delle innovazioni tecnologiche a Carrone

Per secoli la vita quotidiana di un piccolo paese come Carrone non subì probabilmente grandi cambiamenti.

Il duro lavoro in campagna scandiva le giornate dei suoi abitanti: la sveglia al mattino era al sorgere del sole, per accudire gli animali e poi andare al lavoro nei campi; il lavoro terminava al tramonto quando, siccome anche le candele o le lampade a petrolio erano un lusso, l’oscurità avvolgeva ogni cosa e si poteva solo andare a dormire, dopo una breve veglia nelle stalle, per riposarsi dalle fatiche quotidiane.

Le tecniche agricole, fino alla fine del 1800, prevedevano il lavoro continuo dell’uomo che aveva in suo aiuto solo qualche animale da tiro e qualche strumento manuale. Poi, a partire dall’inizio del 1900, grandi cambiamenti mutarono per sempre le abitudini della vita contadina, e quindi anche degli abitanti di Carrone.

La corrente elettrica

La prima grande innovazione fu sicuramente l’arrivo della corrente elettrica in paese, probabilmente nel 1920: infatti si ha notizia che proprio in quell’anno il parroco Don Gaspardino fece installare l’impianto elettrico in chiesa.

Nel 1929 il comune di Strambino fece mettere l’illuminazione pubblica e in quell’occasione la banda musicale suonò per la prima volta la marcia intitolata “Luce Elettrica”.

Ma non tutte le famiglie di Carrone si allacciarono subito e molti continuarono, fino alla metà degli anni ’40, ad usare lampade a olio a a petrolio. Nelle case veniva usato il “chinchè”, una lucerna a petrolio con una copertura di vetro, di solito colorato, che espandeva la luce. Nelle stalle invece si usavano dei lumini che funzionavanop con olio di noce nel quale si metteva uno stoppino appoggiato al beccuccio; a volte però si costruivano lumini casalinghi con un piattino riempito d’acqua, un po’ di olio in superficie e lo stppino appoggiato su un pezzo di tappo in sughero in modo che restasse a galla.


Un “chinchè” e un lumino a olio

Il motivo principale per il quale questi sistemi furono ancora usati eranche con l’avvento della luce elettrica era che l’allacciamento e l’impianto in casa avevano un costo che non tutti potevano sostenere, ma all’inizio c’era anche una certa diffidenza per quella diavoleria che bastava girare un interruttore e la casa si illuminava. In quegli anni si usavano lampadine a bassa potenza: dai 5 ai 10 Watt al massimo (che nel linguaggio comune venivano chiamate da 5 o da 10 candele).

Da segnalare, nel 2013, l’ultima innovazione in questo campo: la sostituzione dei lampioni stradali con LED a risparmio energetico.

Le strade e i mezzi di trasporto

Sappiamo che all’inizio del 1900 le strade del paese erano tutte selciate e il loro stato non doveva essere molto buono, tanto che si ha notizia del rifacimento dei selciati nel 1933. Dovettero passare molti anni prima che fossero asfaltate.

Nel 1953 venne realizzata una nuova strada tra Carrone a Strambino che migliorò e favorì i collegamenti soprattutto per chi andava a lavorare fuori da Carrone. La strada però era in terra battuta e ghiaia, e venne asfaltata solo nel 1964. Contemporaneamente vennero asfaltate alcune vie del paese: l’intera via San Grato dall’inizio fino al ponte, ed una parte di via XI Febbraio (dall’inizio fino all’incrocio con via Piave). Quasi tutte le altre strade del paese vennero asfaltate solo nel 1968, dopo la posa dei tubi dell’acquedotto, tranne quella lungo la roggia (via della Consolata) che venne asfaltata fino al cimitero nel 1977, insieme al tratto di strada che dal cimitero ritorna in paese e diventa via XI Febbraio. Nello stesso anno venne anche costruito il muretto di cemento che costeggia la roggia lungo via della Consolata.

Fino ai primi decenni del 1900 gli unici mezzi di trasporto erano i carri trainati da animali da tiro.

Le prime biciclette arrivarono subito prima della guerra ’15-’18 e si diffusero negli anni successivi, molto lentamente per il solito motivo della mancanza di soldi. Cominciarono ad avere la bicicletta le persone che per lavoro andavano lontano dal paese perchè, se il lavoro era solo nei paesi vicini come Crotte o Mercenasco, si andava comunque a piedi.

Dopo la seconda guerra mondiale molti lasciarono il lavoro dei campi per andare a lavorare in fabbrica e allora le bici crebbero insieme al numero di chi trovava lavoro fuori da Carrone, diventando così il principale mezzo di trasporto .


Biciclette e moto tra la fine degli anni ’30 e l’inizio degli anni ’40

A metà degli anni ’30 arrivò anche la prima motocicletta (le altre solo dopo la seconda guerra mondiale). La moto era il passo intermedio tra la bici e l’auto e veniva utilizzata anche per andare al lavoro.

Anche la prima autovettura privata fu acquistata nella prima meta degli anni ’30, e solo verso la fine degli anni ’50 arrivarono altre automobili, le prime Topolino di seconda e terza mano. La diffusione delle auto a Carrone cominciò nel 1962/63 (gli anni del boom economico), quando i giovani che compivano 21 anni acquistavano la Cinquecento o la Seicento, ed alcuni addirittura una Millecento.


Una Fiat 1100 verso la fine degli anni ’50

I macchinari agricoli

Un tempo per trainare i carri venivano utilizzati animali da tiro e il grano era battuto a mano con il “tascun”, un attrezzo formato da due bastoni uniti da un pezzo di cuoio.

All’inizio degli anni ’20 si cominciarono ad usare macchinari agricoli, soprattutto per la trebbiatura: per battere il grano a macchina in quegli anni non c’era un motore elettrico (arrivato anni dopo) ma la macchina a fuoco a legna, ossia una specie di vaporiera (tipo quelle del treno ma più piccola) con un enorme puleggia che faceva girare la trebbiatrice.

Le trebbiatrici diminuirono notevolmente la fatica e il lavoro dei contadini e giravano di casa in casa. Era tradizione dare da mangiare sia ai macchinisti che alle persone che venivano ad aiutare: il pranzo se si finiva per mezzogiorno, sennò la cena; il pranzo era sempre più veloce perchè al pomeriggio si doveva di nuovo lavorare, mentre la cena si tirava più per le lunghe, ma non troppo perchè il mattino dopo alle 5 si ricominciava il lavoro presso un’altra famiglia.
                                                                         Bicchierata dopo la trebbiatura, negli anni ’30

Il primo trattore, un Fordson con ruote in ferro, fu acquistato nel 1937-38 e dopo la guerra veniva usato per spostare da una casa all’altra le macchine per battere il grano. Nel 1949-50 il proprietario lo sostituì con un altro Fordson molto più moderno, di colore blu scuro, dotato di una puleggia che serviva per fare girare la trebbiatrice e l’imballatrice al posto del motore elettrico, che nel frattempo era subentrato a quello a vapore.

Nel 1951 un’altra famiglia acquistò un trattore FIAT 24 HP a petrolio, sostituito l’anno dopo con un FIAT 25 HP a gasolio. Nel 1957 uscì un nuovo modello FIAT da 18 HP (“La Piccola”) e a Carrone ne vennero acquistati quattro, oltre ad un secondo FIAT 25 HP. La vera meccanizzazione comunque si diffuse verso la metà degli anni ’60.

                                       Il trattore FIAT da 25 HP, La Piccola da 18 HP e un vecchio trattore FIAT 880 degli anni ’70

Le fognature e l’acqua potabile

La fognatura principale (che un tempo scaricava direttamente nella roggia e ora invece nel depuratore costruito nel 1988 in zona “Praiait”) venne realizzata nel 1962 impiegando gli operai del Cotonificio Valle Susa che in quel periodo aveva chiuso. Subito dopo vennero asfaltate le prime strade in paese.

Fino alla fine degli anni ’60 l’acqua utilizzata per cucinare e per lavarsi era solo quella dei pozzi artesiani, mentre per lavare i panni veniva usato il lavatoio lungo la roggia o si andava al mulino di Rivoc, dove l’acqua della roggia era più abbondante.

Fino all’inizio degli anni ’50 i pozzi erano non più di una dozzina, ognuno serviva un buon numero di famiglie. Erano costruiti in mattoni e l’acqua si attingeva con un secchio appeso ad un catena. Poi, verso la metà degli anni ’50 ogni famiglia si costruì il suo pozzo e fece installare prima una pompa a mano e in seguito, all’inizio degli anni ’60, un motorino che pompava l’acqua in una vasca posta quasi sempre sotto il tetto, nel punto più alto della casa per farla scendere nelle tubature.

Nel 1963 in paese arrivarono le prime lavatrici: grazie alle pompe elettriche l’acqua scendeva da sola dalla vasca sotto il tetto e, grazie anche alle fognature appena costruite, si poteva lavare in casa, anche se molte donne di un certa età preferivano ancora andare al lavatoio.

L’acqua potabile invece arrivò a Carrone solo alla fine degli anni ’60. Alla fine dell’estate del 1967 iniziarono i lavori di posa dei tubi da Strambino, poi in autunno e inverno si fece tutta la rete in paese e finalmente nella primavera 1968 l’acqua arrivò nelle case.

Con la potabile e le fognature fu così possibile avere l’acqua corrente in cucina e realizzare i primi bagni con servizi igienici e docce.

Prima della realizzazione delle fognature e dell’acqua potabile, a Carrone, come in molte frazioni del circondario, i “servizi igienici” consistevano in una specie di sgabuzzino in fondo alla “travà”, delimitato e chiuso da assi di legno. All’interno c’era un asse appoggiato a mattoni o ceppi, sul quale si saliva; al centro di questo asse c’era un buco che portava ad una botola di raccolta.

In seguito vennero costruiti dei gabinetti alla turca in muratura, sempre al fondo della “travà”. In entrambi i casi questi gabinetti dovevano essere svuotati regolarmente da un carro-botte per pozzi neri (la “butala”) che raccoglieva i liquami. Solo in due case (nel vicolo che unisce via San Grato a via Piave) c’erano gabinetti situati al primo piano, sporgenti a sbalzo sopra la via.

Invece della carta igienica (diffusa solo dopo la fine della seconda guerra mondiale e considerata un lusso ancora per diversi anni successivi) si usavano pezzi di carta di recupero (giornale o anche sacchi in carta di concimi o di cemento) tagliati di misura e infilati in un chiodo.


Una “butala” (modellino in scala 1:10) poi sostituita da quelle più moderne, collegabili al motore di un trattore

Una pompa a mano montata fuori dalla porta di casa nei primi anni ’50, una pompa ancora in funzione e un altro modello di pompa idraulica in uso un tempo

La conservazione dei cibi

Un tempo, quando non esistevano i frigoriferi, i cibi potevano essere conservati per poco tempo.

A Carrone, per mantenere i cibi al fresco, si utilizzava il “crutin”, uno stanzino nel retro della cucina, esposto a nord.

Negli anni ’50 qualche carronese aveva già la ghiacciaia per la quale in inverno veniva utilizzato il ghiaccio naturale, mentre nelle altre stagioni il ghiaccio veniva comprato (ogni due sabati veniva un camion da Caluso che portava il ghiaccio sia al Circolo che all’osteria, insieme alla birra e alla gazzosa).

Poi, all’inizio degli anni ’60, sono arrivati i primi frigoriferi. In questo modo, grazie a sistemi di refrigerazione più efficienti, è stato possibile conservare più a lungo i cibi, soprattutto in estate, consentendo anche di fare la spesa per più giorni e non più quotidianamente.

La radio e la televisione

Nel 1932-33, arrivò la prima radio, al CRAL (Circolo Ricreativo Assistenza Lavoratori) che in quegli anni era in via San Grato, con la gestione di Domenico Robino; subito dopo arrivò il primo grammofono. Nel 1941 anche la scuola elementare venne dotata di una radio (come in tutte le scuole d’Italia, per informazione e propaganda).

Durante la seconda guerra mondiale le radio a Carrone erano solo tre: quella del Circolo, quella della scuola e la terza in parrocchia (dove durante la guerra gli uomini che non erano a fare i soldati si riunivano segretamente con don Gaspardino ad ascoltare Radio Londra). La radio si diffuse poi nelle case private dopo la guerra, tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50.

Alla fine del 1954 arrivò il primo apparecchio televisivo all’osteria “Cantina Borgo Nuovo” e subito dopo anche al Circolo. Per molti anni di televisori privati ce ne furono pochi, e la diffusione capillare avvenne a partire dal 1968 in occasione delle Olimpiadi di Città del Messico.

Il telefono

Nel 1951 arrivò il telefono pubblico a scatti nell’osteria “Cantina Borgo Nuovo”, appena inaugurata. Quando l’osteria nel 1961 cambiò gestione e si trasferì in un edificio di nuova costruzione in via Strambino, venne spostato anche il telefono pubblico. Dopo la chiusura dell’osteria nel 1967 il telefono pubblico fu trasferito nei locali della panetteria, poi presso il Circolo Ricreativo che in quegli anni (fino al 1972) si trovava tra via San Grato e via Fra Giacomo Costanza.

Dall’arrivo del telefono pubblico in paese, passarono più di dieci anni prima che si mettessero i primi telefoni privati, ma all’inizio erano pochi ad averlo mentre un gran numero di apparecchi (una quarantina!) venne installata in un sol colpo nel 1978, perchè prima non c’era un cavo in grado di portare tante linee.

Dal 1980 un telefono pubblico venne installato nell’atrio dei locali del nuovo Circolo (quello che esiste tutt’ora in via Garibaldi), fino a quando non si chiuse l’atrio con inferriate e il telefono venne spostato in piazza Filippo Crosio. Poi, intorno al 2010, anche questo è stato tolto perchè non più utilizzato, in seguito alla diffusione dei telefoni cellulari.

La cottura dei cibi e il riscaldamento

A Carrone tradizionalmente si cucinava sul camino (“furnel”), in seguito sulla stufa a legna (“putagè”). Tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50 comparvero i primi fornelli collegati a bombole a gas, che si diffusero molto rapidamente.

Per quanto riguarda il riscaldamento, un tempo non esisteva proprio: solo in cucina c’era la stufa e l’unico altro locale “riscaldato” grazie alla presenza degli animali era la stalla, mentre le camere da letto erano al freddo anche d’inverno, e per scaldare almeno i letti si utilizzavano vari strumenti:
– il “preive”:struttura in legno formata da 4 assicelle flessibili tenute allargate da quattro gambette tra le quali si trovava un pezzo di latta, usato come supporto per la brace; si metteva nel letto sotto le coperte che così restavano sollevate in modo che il calore potesse diffondersi;
– la “buiota”: contenitore ovale in alluminio o in rame, dotato a volte di maniglia, che veniva riempito di acqua calda e sistemato sotto le lenzuola;
– lo “scaudalet”: una specie di padella di alluminio o rame con il manico lungo dove si mettevano pezzi di brace;
– mattoni o grosse pietre riscaldati appositamente e avvolti in panni di lana.

Alla fine degli anni ’60 arrivarono le prime stufe a cherosene e contemporaneamente le prime famiglie fecero installare l’impianto di termosifoni a gasolio. Solo nel 1989 è arrivato a Carrone il gas metano per cucina e riscaldamento.

La raccolta dei rifiuti

In passato i rifiuti di chi viveva in campagna, lavorava la terra e allevava animali erano scarsi, sia perchè non esistevano la plastica e il nylon, sia perchè tutto veniva riutilizzato (la carta per essere bruciata nella stufa, le bucce o gli avanzi di cibo per gli animali o per concime dopo averli gettati nel letamaio).

Dalla seconda metà degli anni ’50 per i rifiuti che non potevano essere riciclati (aumentati progressivamente nel corso degli anni) esisteva un “cava”, cioè una fossa scavata in un campo, in regione Sodre.

In quell’area era stata tolta la terra per fare i mattoni alla fornace Sado di Strambino ed era rimasta appunto una buca. Il comune di Strambino allora acquistò il sito e aprì la discarica. All’inizio la fossa si riempiva lentamente perche c’era ancora poca roba da portare in discarica, ma negli ultimi anni prima della chiusura (all’inizio degli anni ’90) la cava era ormai piena.

La raccolta rifiuti in cassonetti dislocati in paese è stata avviata dal comune di Strambino solo nel 1992, ma si trattava di una raccolta ancora in gran parte indifferenziata, fatta esclusione per vetro e plastica (con appositi cassonetti in piazza Filippo Crosio). La vera e propria raccolta differenziata porta a porta è iniziata invece 15 maggio 2005, e da quella data a Carrone è diventato possibile raccogliere separatamente anche carta e organico.

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Per concludere, tutti questi cambiamenti e innovazioni hanno fatto sì che Carrone non fosse più isolato come nel passato, quando si usava dire che il paese era “an mes dal mund” (“al centro del mondo”) per dire che era un paese a parte, isolato dal resto del mondo, dove non arrivavano cambiamenti e progressi, come racconta Vasco Acotto nel libro “Carrone piccolo e antico paese”.

Da quanto detto però, tante innovazioni arrivarono in paese con molto ritardo rispetto ad altri luoghi, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, mentre ora le differenze tra città e campagna, almeno sotto questo punto di vista, non ci sono più e le innovazioni si diffondono con la stessa velocità in ogni luogo.

L’unica eccezione è il collegamento internet veloce, che a Carrone è ancora molto difficoltoso, infatti alla ADSL è stato per ora possibile collegare solo una decina di famiglie e questo collegamento è comunque più lento di quanto in teoria dovrebbe essere.

Claudio Actis Alesina e Maria Carolina Grassino