Quando si andava a piedi (I vecchi sentieri di Carrone)

 

Quando si andava a piedi, (ancora fino a dopo la seconda guerra mondiale) , le strade non erano asfaltate e vi passavano solo i carri trainati dai cavalli o dalle mucche.

C’erano però molti sentieri pedonali sia per andare nei campi, sia per collegare i paesi. Questi sentieri, che erano delle scorciatoie rispetto alle strade, seguivano i confini dei campi e in qualche caso li “tagliavano”. L’usanza era che venissero sempre rispettati, tanto che quando si arava un campo attraversato da uno di questi sentieri, si alzava l’aratro guidato a mano per non danneggiarne il tracciato.

Quando poi sono arrivati i trattori, non è stato più possibile seguire questa procedura ed allora i sentieri sono spariti quasi del tutto o sono stati interrotti in più punti.

Il sentiero che è sparito per ultimo è sicuramente quello che portava al mulino di “Rivoc” . Questo sentiero partiva dalla stradina che porta ai “Praiait”, costeggiava una lunga siepe di biancospino che delimitava le vigne del ”Palas”, poi tagliava per circa 200 metri i campi, fino alla riva della “Carbunera”; arrivato a questo punto, passava tra le due testate dei campi, sulla testata della vigna del parroco poi sulla testata del frutteto di Antonio Autero (“Tunin dal Carbuner”), sulla testata della vigna di Valentino Accotto (dove c’era un grande ciliegio) e finiva nella strada che porta al mulino, dove c’era la croce di “Barac” . Questo sentiero è sparito all’inizio degli anni ’70 quando sono morti tutti i componenti della famiglia Lera, gli ultimi mugnai che hanno abitato e lavorato al mulino.

C’era poi il sentiero che portava a Crotte: partiva da via Garibaldi, dopo l’edificio della ex scuola elementare, si dirigeva verso nord per tre “turne” (la “turna” è la lunghezza di un campo), poi si immetteva in quella che era chiamata la “strà lunga” che andava fino alla prima traversa, si seguiva questa strada per circa 30 metri e si imboccava un altro sentiero che sbucava vicino alla case “Cerino” a Crotte. Questo sentiero era usato dagli operai e operaie che andavano a lavorare al Tebio e anche da chi andava a prendere il pane a Crotte da “Noto e Chel Gilun”. (Domenico e Michele Gillono, che avevano un forno in paese).

La mappa dei vecchi sentieri

Questi appena descritti erano i sentieri più importanti, mentre gli altri (che seguono) conducevano nei campi ed erano scorciatoie rispetto alle strade percorse con i carri.

-Un sentiero partiva di fronte al campanile, in via San Grato, passava dietro alla casa “Baro” e proseguiva, passando tra il prato della “Speransa” e l’orto di “Baro”, attraversava il “Fusal ad Rubin” (chiamato così perchè passava nel cortile di “Toni ad Rubin”, Antonio Robino, su un tubo da pozzo) per poi arrivare al “Saut” (un salto d’acqua nella roggia, che un tempo serviva per far girare la ruota di un antichissimo mulino) per poi alla fine, passando sulla “canale”, si ricongiungeva alla strada che porta a Mercenasco. Questo sentiero era usato per venire in centro paese a fare la spesa o andare in chiesa dai carronesi che abitavano al di là del “Fusal ad Rubin”, chiamato anche l'”Isonzo” (questo nome fu probabilmente dato dopo la prima guerra mondiale, quando il nome di questo fiume veniva spesso ricordato nei racconti di guerra dei di molti carronesi che vi avevano partecipato). Si trattava di un grosso fosso che partiva dall’incrocio tra l’attuale via Strambino e via Garibaldi e andava fino alla Roggia, passando dietro alle ultime case di Carrone verso Mercenasco, costeggiato sul lato più esterno (est) da grandi cespugli di nocciole (“cafes”); questo fosso è stato intubato quando si è costruito la strada nuova per Strambino negli anni ’50 .

-Il sentiero della “Spinà” (nome che deriva da quello della località, dove si trova anche la croce “Spinà”) che partiva di fianco al camposanto poi gli passava dietro, proseguiva verso est dietro alle vigne del “Carbuner” e andando a immettersi nella strada delle “due turne”. Proseguendo su questa strada fino alla “Spinà”, quando si arrivava al campo di “Peroclara”, cominciava di nuovo il sentiero che costeggiava questo campo fino ad un pianta di gelso, per poi tagliare il campo e andare in testata ai campi dei “Ret” dove c’era una fila di piante di noce, e infine sboccare nella strada per “Isoletta”, poi scavalcava la strada e si inoltrava nel boschetto e finiva proprio a “Isoletta”. C’era una variante del sentiero, meno usata, che proseguiva diritta, un po’ più a sud di quella delle due turne, tagliava i campi e raggiungeva la strada della “Spinà”.

-Il sentiero che partiva a lato di via Garibaldi, dal gabbiotto deve una volta era ricoverata la pompa per il fuoco (poi trasformato negli anni ’80 in sede temporanea del circolo ricreativo, chiamato “La Baracca” ) , che si dirigeva verso est, passava lungo la testata dei campi ed era delimitato dal lato verso sud, per un tratto, da una fila di pali che sorreggevano il filo spinato. Questo sentiero andava congiungersi al sentiero della “Spinà” dietro al cimitero.

-Il sentiero dei “Praiait” partiva da Via della Consolata e costeggiava tutta la riva dei “Bianchin” fino a località “Praiait”, poi scavalcava la Roggia del Bosco su una “pianca” (passerella che un tempo in legno, poi in ferro), passava nel pioppeto di proprietà della famiglia Bellono e andava a immettersi nella strada per le “Feghe”, in località “Ronchi”.

Claudio Actis Alesina